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In caso di dubbi sulla correttezza del contenuto di questa traduzione, l’unico riferimento valido è la documentazione ufficiale in inglese. Per maggiori informazioni consultate le avvertenze.

Original:

Documentation/process/coding-style.rst

Translator:

Federico Vaga <federico.vaga@vaga.pv.it>

Stile del codice per il kernel Linux

Questo è un breve documento che descrive lo stile di codice preferito per il kernel Linux. Lo stile di codifica è molto personale e non voglio forzare nessuno ad accettare il mio, ma questo stile è quello che dev’essere usato per qualsiasi cosa che io sia in grado di mantenere, e l’ho preferito anche per molte altre cose. Per favore, almeno tenete in considerazione le osservazioni espresse qui.

La prima cosa che suggerisco è quella di stamparsi una copia degli standard di codifica GNU e di NON leggerla. Bruciatela, è un grande gesto simbolico.

Comunque, ecco i punti:

1) Indentazione

La tabulazione (tab) è di 8 caratteri e così anche le indentazioni. Ci sono alcuni movimenti di eretici che vorrebbero l’indentazione a 4 (o perfino 2!) caratteri di profondità, che è simile al tentativo di definire il valore del pi-greco a 3.

Motivazione: l’idea dell’indentazione è di definire chiaramente dove un blocco di controllo inizia e finisce. Specialmente quando siete rimasti a guardare lo schermo per 20 ore a file, troverete molto più facile capire i livelli di indentazione se questi sono larghi.

Ora, alcuni rivendicano che un’indentazione da 8 caratteri sposta il codice troppo a destra e che quindi rende difficile la lettura su schermi a 80 caratteri. La risposta a questa affermazione è che se vi servono più di 3 livelli di indentazione, siete comunque fregati e dovreste correggere il vostro programma.

In breve, l’indentazione ad 8 caratteri rende più facile la lettura, e in aggiunta vi avvisa quando state annidando troppo le vostre funzioni. Tenete ben a mente questo avviso.

Al fine di facilitare l’indentazione del costrutto switch, si preferisce allineare sulla stessa colonna la parola chiave switch e i suoi subordinati case. In questo modo si evita una doppia indentazione per i case. Un esempio.:

switch (suffix) {
case 'G':
case 'g':
        mem <<= 30;
        break;
case 'M':
case 'm':
        mem <<= 20;
        break;
case 'K':
case 'k':
        mem <<= 10;
        fallthrough;
default:
        break;
}

A meno che non vogliate nascondere qualcosa, non mettete più istruzioni sulla stessa riga:

if (condition) do_this;
  do_something_everytime;

Non usate le virgole per evitare le parentesi:

if (condition)
       do_this(), do_that();

Invece, usate sempre le parentesi per racchiudere più istruzioni.

 if (condition) {
        do_this();
        do_that();
}

Non mettete nemmeno più assegnamenti sulla stessa riga. Lo stile del kernel è ultrasemplice. Evitate espressioni intricate.

Al di fuori dei commenti, della documentazione ed escludendo i Kconfig, gli spazi non vengono mai usati per l’indentazione, e l’esempio qui sopra è volutamente errato.

Procuratevi un buon editor di testo e non lasciate spazi bianchi alla fine delle righe.

2) Spezzare righe lunghe e stringhe

Lo stile del codice riguarda la leggibilità e la manutenibilità utilizzando strumenti comuni.

Come limite di riga si preferiscono le 80 colonne.

Espressioni più lunghe di 80 colonne dovrebbero essere spezzettate in pezzi più piccoli, a meno che eccedere le 80 colonne non aiuti ad aumentare la leggibilità senza nascondere informazioni.

I nuovi pezzi derivati sono sostanzialmente più corti degli originali e vengono posizionati più a destra. Uno stile molto comune è quello di allineare i nuovi pezzi alla parentesi aperta di una funzione.

Lo stesso si applica, nei file d’intestazione, alle funzioni con una lista di argomenti molto lunga.

Tuttavia, non spezzettate mai le stringhe visibili agli utenti come i messaggi di printk, questo perché inibireste la possibilità d’utilizzare grep per cercarle.

3) Posizionamento di parentesi graffe e spazi

Un altro problema che s’affronta sempre quando si parla di stile in C è il posizionamento delle parentesi graffe. Al contrario della dimensione dell’indentazione, non ci sono motivi tecnici sulla base dei quali scegliere una strategia di posizionamento o un’altra; ma il modo qui preferito, come mostratoci dai profeti Kernighan e Ritchie, è quello di posizionare la parentesi graffa di apertura per ultima sulla riga, e quella di chiusura per prima su una nuova riga, così:

if (x is true) {
        we do y
}

Questo è valido per tutte le espressioni che non siano funzioni (if, switch, for, while, do). Per esempio:

switch (action) {
case KOBJ_ADD:
        return "add";
case KOBJ_REMOVE:
        return "remove";
case KOBJ_CHANGE:
        return "change";
default:
        return NULL;
}

Tuttavia, c’è il caso speciale, le funzioni: queste hanno la parentesi graffa di apertura all’inizio della riga successiva, quindi:

int function(int x)
{
        body of function
}

Eretici da tutto il mondo affermano che questa incoerenza è ... insomma ... incoerente, ma tutte le persone ragionevoli sanno che (a) K&R hanno ragione e (b) K&R hanno ragione. A parte questo, le funzioni sono comunque speciali (non potete annidarle in C).

Notate che la graffa di chiusura è da sola su una riga propria, ad eccezione di quei casi dove è seguita dalla continuazione della stessa espressione, in pratica while nell’espressione do-while, oppure else nell’espressione if-else, come questo:

do {
        body of do-loop
} while (condition);

e

if (x == y) {
        ..
} else if (x > y) {
        ...
} else {
        ....
}

Motivazione: K&R.

Inoltre, notate che questo posizionamento delle graffe minimizza il numero di righe vuote senza perdere di leggibilità. In questo modo, dato che le righe sul vostro schermo non sono una risorsa illimitata (pensate ad uno terminale con 25 righe), avrete delle righe vuote da riempire con dei commenti.

Non usate inutilmente le graffe dove una singola espressione è sufficiente.

if (condition)
        action();

e

if (condition)
        do_this();
else
        do_that();

Questo non vale nel caso in cui solo un ramo dell’espressione if-else contiene una sola espressione; in quest’ultimo caso usate le graffe per entrambe i rami:

if (condition) {
        do_this();
        do_that();
} else {
        otherwise();
}

Inoltre, usate le graffe se un ciclo contiene più di una semplice istruzione:

while (condition) {
        if (test)
                do_something();
}

3.1) Spazi

Lo stile del kernel Linux per quanto riguarda gli spazi, dipende (principalmente) dalle funzioni e dalle parole chiave. Usate una spazio dopo (quasi tutte) le parole chiave. L’eccezioni più evidenti sono sizeof, typeof, alignof, e __attribute__, il cui aspetto è molto simile a quello delle funzioni (e in Linux, solitamente, sono usate con le parentesi, anche se il linguaggio non lo richiede; come sizeof info dopo aver dichiarato struct fileinfo info).

Quindi utilizzate uno spazio dopo le seguenti parole chiave:

if, switch, case, for, do, while

ma non con sizeof, typeof, alignof, o __attribute__. Ad esempio,

s = sizeof(struct file);

Non aggiungete spazi attorno (dentro) ad un’espressione fra parentesi. Questo esempio è brutto:

s = sizeof( struct file );

Quando dichiarate un puntatore ad una variabile o una funzione che ritorna un puntatore, il posto suggerito per l’asterisco * è adiacente al nome della variabile o della funzione, e non adiacente al nome del tipo. Esempi:

char *linux_banner;
unsigned long long memparse(char *ptr, char **retptr);
char *match_strdup(substring_t *s);

Usate uno spazio attorno (da ogni parte) alla maggior parte degli operatori binari o ternari, come i seguenti:

=  +  -  <  >  *  /  %  |  &  ^  <=  >=  ==  !=  ?  :

ma non mettete spazi dopo gli operatori unari:

&  *  +  -  ~  !  sizeof  typeof  alignof  __attribute__  defined

nessuno spazio dopo l’operatore unario suffisso di incremento o decremento:

++  --

nessuno spazio dopo l’operatore unario prefisso di incremento o decremento:

++  --

e nessuno spazio attorno agli operatori dei membri di una struttura . e ->.

Non lasciate spazi bianchi alla fine delle righe. Alcuni editor con l’indentazione furba inseriranno gli spazi bianchi all’inizio di una nuova riga in modo appropriato, quindi potrete scrivere la riga di codice successiva immediatamente. Tuttavia, alcuni di questi stessi editor non rimuovono questi spazi bianchi quando non scrivete nulla sulla nuova riga, ad esempio perché volete lasciare una riga vuota. Il risultato è che finirete per avere delle righe che contengono spazi bianchi in coda.

Git vi avviserà delle modifiche che aggiungono questi spazi vuoti di fine riga, e può opzionalmente rimuoverli per conto vostro; tuttavia, se state applicando una serie di modifiche, questo potrebbe far fallire delle modifiche successive perché il contesto delle righe verrà cambiato.

4) Assegnare nomi

C è un linguaggio spartano, e così dovrebbero esserlo i vostri nomi. Al contrario dei programmatori Modula-2 o Pascal, i programmatori C non usano nomi graziosi come ThisVariableIsATemporaryCounter. Un programmatore C chiamerebbe questa variabile tmp, che è molto più facile da scrivere e non è una delle più difficili da capire.

TUTTAVIA, nonostante i nomi con notazione mista siano da condannare, i nomi descrittivi per variabili globali sono un dovere. Chiamare una funzione globale pippo è un insulto.

Le variabili GLOBALI (da usare solo se vi servono davvero) devono avere dei nomi descrittivi, così come le funzioni globali. Se avete una funzione che conta gli utenti attivi, dovreste chiamarla count_active_users() o qualcosa di simile, non dovreste chiamarla cntusr().

Codificare il tipo di funzione nel suo nome (quella cosa chiamata notazione ungherese) è stupido - il compilatore conosce comunque il tipo e può verificarli, e inoltre confonde i programmatori.

Le variabili LOCALI dovrebbero avere nomi corti, e significativi. Se avete un qualsiasi contatore di ciclo, probabilmente sarà chiamato i. Chiamarlo loop_counter non è produttivo, non ci sono possibilità che i possa non essere capito. Analogamente, tmp può essere una qualsiasi variabile che viene usata per salvare temporaneamente un valore.

Se avete paura di fare casino coi nomi delle vostre variabili locali, allora avete un altro problema che è chiamato sindrome dello squilibrio dell’ormone della crescita delle funzioni. Vedere il capitolo 6 (funzioni).

5) Definizione di tipi (typedef)

Per favore non usate cose come vps_t. Usare il typedef per strutture e puntatori è uno sbaglio. Quando vedete:

vps_t a;

nei sorgenti, cosa significa? Se, invece, dicesse:

struct virtual_container *a;

potreste dire cos’è effettivamente a.

Molte persone pensano che la definizione dei tipi migliori la leggibilità. Non molto. Sono utili per:

  1. gli oggetti completamente opachi (dove typedef viene proprio usato allo scopo di nascondere cosa sia davvero l’oggetto).

    Esempio: pte_t eccetera sono oggetti opachi che potete usare solamente con le loro funzioni accessorie.

    Note

    Gli oggetti opachi e le funzioni accessorie non sono, di per se, una bella cosa. Il motivo per cui abbiamo cose come pte_t eccetera è che davvero non c’è alcuna informazione portabile.

  2. i tipi chiaramente interi, dove l’astrazione aiuta ad evitare confusione sul fatto che siano int oppure long.

    u8/u16/u32 sono typedef perfettamente accettabili, anche se ricadono nella categoria (d) piuttosto che in questa.

    Note

    Ancora - dev’esserci una ragione per farlo. Se qualcosa è unsigned long, non c’è alcun bisogno di avere:

    typedef unsigned long myfalgs_t;

    ma se ci sono chiare circostanze in cui potrebbe essere unsigned int e in altre configurazioni unsigned long, allora certamente typedef è una buona scelta.

  3. quando di rado create letteralmente dei nuovi tipi su cui effettuare verifiche.

  4. circostanze eccezionali, in cui si definiscono nuovi tipi identici a quelli definiti dallo standard C99.

    Nonostante ci voglia poco tempo per abituare occhi e cervello all’uso dei tipi standard come uint32_t, alcune persone ne obiettano l’uso.

    Perciò, i tipi specifici di Linux u8/u16/u32/u64 e i loro equivalenti con segno, identici ai tipi standard, sono permessi- tuttavia, non sono obbligatori per il nuovo codice.

  5. i tipi sicuri nella spazio utente.

    In alcune strutture dati visibili dallo spazio utente non possiamo richiedere l’uso dei tipi C99 e nemmeno i vari u32 descritti prima. Perciò, utilizziamo __u32 e tipi simili in tutte le strutture dati condivise con lo spazio utente.

Magari ci sono altri casi validi, ma la regola di base dovrebbe essere di non usare MAI MAI un typedef a meno che non rientri in una delle regole descritte qui.

In generale, un puntatore, o una struttura a cui si ha accesso diretto in modo ragionevole, non dovrebbero mai essere definite con un typedef.

6) Funzioni

Le funzioni dovrebbero essere brevi e carine, e fare una cosa sola. Dovrebbero occupare uno o due schermi di testo (come tutti sappiamo, la dimensione di uno schermo secondo ISO/ANSI è di 80x24), e fare una cosa sola e bene.

La massima lunghezza di una funziona è inversamente proporzionale alla sua complessità e al livello di indentazione di quella funzione. Quindi, se avete una funzione che è concettualmente semplice ma che è implementata come un lunga (ma semplice) sequenza di caso-istruzione, dove avete molte piccole cose per molti casi differenti, allora va bene avere funzioni più lunghe.

Comunque, se avete una funzione complessa e sospettate che uno studente non particolarmente dotato del primo anno delle scuole superiori potrebbe non capire cosa faccia la funzione, allora dovreste attenervi strettamente ai limiti. Usate funzioni di supporto con nomi descrittivi (potete chiedere al compilatore di renderle inline se credete che sia necessario per le prestazioni, e probabilmente farà un lavoro migliore di quanto avreste potuto fare voi).

Un’altra misura delle funzioni sono il numero di variabili locali. Non dovrebbero eccedere le 5-10, oppure state sbagliando qualcosa. Ripensate la funzione, e dividetela in pezzettini. Generalmente, un cervello umano può seguire facilmente circa 7 cose diverse, di più lo confonderebbe. Lo sai d’essere brillante, ma magari vorresti riuscire a capire cos’avevi fatto due settimane prima.

Nei file sorgenti, separate le funzioni con una riga vuota. Se la funzione è esportata, la macro EXPORT per questa funzione deve seguire immediatamente la riga della parentesi graffa di chiusura. Ad esempio:

int system_is_up(void)
{
        return system_state == SYSTEM_RUNNING;
}
EXPORT_SYMBOL(system_is_up);

6.1) Prototipi di funzione

Nei prototipi di funzione, includete i nomi dei parametri e i loro tipi. Nonostante questo non sia richiesto dal linguaggio C, in Linux viene preferito perché è un modo semplice per aggiungere informazioni importanti per il lettore.

Non usate la parola chiave extern con le dichiarazioni di funzione perché rende le righe più lunghe e non è strettamente necessario.

Quando scrivete i prototipi di funzione mantenete l’ordine degli elementi.

Prendiamo questa dichiarazione di funzione come esempio:

__init void * __must_check action(enum magic value, size_t size, u8 count,
                                 char *fmt, ...) __printf(4, 5) __malloc;

L’ordine suggerito per gli elementi di un prototipo di funzione è il seguente:

  • classe d’archiviazione (in questo caso static __always_inline. Da notare che __always_inline è tecnicamente un attributo ma che viene trattato come inline)

  • attributi della classe di archiviazione (in questo caso __init, in altre parole la sezione, ma anche cose tipo __cold)

  • il tipo di ritorno (in questo caso, void *)

  • attributi per il valore di ritorno (in questo caso, __must_check)

  • il nome della funzione (in questo caso, action)

  • i parametri della funzione(in questo caso, (enum magic value, size_t size, u8 count, char *fmt, ...), da notare che va messo anche il nome del parametro)

  • attributi dei parametri (in questo caso, __printf(4, 5))

  • attributi per il comportamento della funzione (in questo caso, __malloc_)

Notate che per la definizione di una funzione (il altre parole il corpo della funzione), il compilatore non permette di usare gli attributi per i parametri dopo i parametri. In questi casi, devono essere messi dopo gli attributi della classe d’archiviazione (notate che la posizione di __printf(4,5) cambia rispetto alla dichiarazione):

static __always_inline __init __printf(4, 5) void * __must_check action(enum magic value,
             size_t size, u8 count, char *fmt, ...) __malloc
{
        ...
}*)**``)**``)``)``*)``)``)``)``*``)``)``)*)

7) Centralizzare il ritorno delle funzioni

Sebbene sia deprecata da molte persone, l’istruzione goto è impiegata di frequente dai compilatori sotto forma di salto incondizionato.

L’istruzione goto diventa utile quando una funzione ha punti d’uscita multipli e vanno eseguite alcune procedure di pulizia in comune. Se non è necessario pulire alcunché, allora ritornate direttamente.

Assegnate un nome all’etichetta di modo che suggerisca cosa fa la goto o perché esiste. Un esempio di un buon nome potrebbe essere out_free_buffer: se la goto libera (free) un buffer. Evitate l’uso di nomi GW-BASIC come err1: ed err2:, potreste doverli riordinare se aggiungete o rimuovete punti d’uscita, e inoltre rende difficile verificarne la correttezza.

I motivo per usare le goto sono:

  • i salti incondizionati sono più facili da capire e seguire

  • l’annidamento si riduce

  • si evita di dimenticare, per errore, di aggiornare un singolo punto d’uscita

  • aiuta il compilatore ad ottimizzare il codice ridondante ;)

int fun(int a)
{
        int result = 0;
        char *buffer;

        buffer = kmalloc(SIZE, GFP_KERNEL);
        if (!buffer)
                return -ENOMEM;

        if (condition1) {
                while (loop1) {
                        ...
                }
                result = 1;
                goto out_free_buffer;
        }
        ...
out_free_buffer:
        kfree(buffer);
        return result;
}

Un baco abbastanza comune di cui bisogna prendere nota è il one err bugs che assomiglia a questo:

err:
        kfree(foo->bar);
        kfree(foo);
        return ret;

Il baco in questo codice è che in alcuni punti d’uscita la variabile foo è NULL. Normalmente si corregge questo baco dividendo la gestione dell’errore in due parti err_free_bar: e err_free_foo::

err_free_bar:
        kfree(foo->bar);
err_free_foo:
        kfree(foo);
        return ret;

Idealmente, dovreste simulare condizioni d’errore per verificare i vostri percorsi d’uscita.

8) Commenti

I commenti sono una buona cosa, ma c’è anche il rischio di esagerare. MAI spiegare COME funziona il vostro codice in un commento: è molto meglio scrivere il codice di modo che il suo funzionamento sia ovvio, inoltre spiegare codice scritto male è una perdita di tempo.

Solitamente, i commenti devono dire COSA fa il codice, e non COME lo fa. Inoltre, cercate di evitare i commenti nel corpo della funzione: se la funzione è così complessa che dovete commentarla a pezzi, allora dovreste tornare al punto 6 per un momento. Potete mettere dei piccoli commenti per annotare o avvisare il lettore circa un qualcosa di particolarmente arguto (o brutto), ma cercate di non esagerare. Invece, mettete i commenti in testa alla funzione spiegando alle persone cosa fa, e possibilmente anche il PERCHÉ.

Per favore, quando commentate una funzione dell’API del kernel usate il formato kernel-doc. Per maggiori dettagli, leggete i file in :ref:Documentation/translations/it_IT/doc-guide/ e in script/kernel-doc.

Lo stile preferito per i commenti più lunghi (multi-riga) è:

/*
 * This is the preferred style for multi-line
 * comments in the Linux kernel source code.
 * Please use it consistently.
 *
 * Description:  A column of asterisks on the left side,
 * with beginning and ending almost-blank lines.
 */

È anche importante commentare i dati, sia per i tipi base che per tipi derivati. A questo scopo, dichiarate un dato per riga (niente virgole per una dichiarazione multipla). Questo vi lascerà spazio per un piccolo commento per spiegarne l’uso.

9) Avete fatto un pasticcio

Va bene, li facciamo tutti. Probabilmente vi è stato detto dal vostro aiutante Unix di fiducia che GNU emacs formatta automaticamente il codice C per conto vostro, e avete notato che sì, in effetti lo fa, ma che i modi predefiniti non sono proprio allettanti (infatti, sono peggio che premere tasti a caso - un numero infinito di scimmie che scrivono in GNU emacs non faranno mai un buon programma).

Quindi, potete sbarazzarvi di GNU emacs, o riconfigurarlo con valori più sensati. Per fare quest’ultima cosa, potete appiccicare il codice che segue nel vostro file .emacs:

(defun c-lineup-arglist-tabs-only (ignored)
  "Line up argument lists by tabs, not spaces"
  (let* ((anchor (c-langelem-pos c-syntactic-element))
         (column (c-langelem-2nd-pos c-syntactic-element))
         (offset (- (1+ column) anchor))
         (steps (floor offset c-basic-offset)))
    (* (max steps 1)
       c-basic-offset)))

(dir-locals-set-class-variables
 'linux-kernel
 '((c-mode . (
        (c-basic-offset . 8)
        (c-label-minimum-indentation . 0)
        (c-offsets-alist . (
                (arglist-close         . c-lineup-arglist-tabs-only)
                (arglist-cont-nonempty .
                    (c-lineup-gcc-asm-reg c-lineup-arglist-tabs-only))
                (arglist-intro         . +)
                (brace-list-intro      . +)
                (c                     . c-lineup-C-comments)
                (case-label            . 0)
                (comment-intro         . c-lineup-comment)
                (cpp-define-intro      . +)
                (cpp-macro             . -1000)
                (cpp-macro-cont        . +)
                (defun-block-intro     . +)
                (else-clause           . 0)
                (func-decl-cont        . +)
                (inclass               . +)
                (inher-cont            . c-lineup-multi-inher)
                (knr-argdecl-intro     . 0)
                (label                 . -1000)
                (statement             . 0)
                (statement-block-intro . +)
                (statement-case-intro  . +)
                (statement-cont        . +)
                (substatement          . +)
                ))
        (indent-tabs-mode . t)
        (show-trailing-whitespace . t)
        ))))

(dir-locals-set-directory-class
 (expand-file-name "~/src/linux-trees")
 'linux-kernel)

Questo farà funzionare meglio emacs con lo stile del kernel per i file che si trovano nella cartella ~/src/linux-trees.

Ma anche se doveste fallire nell’ottenere una formattazione sensata in emacs non tutto è perduto: usate indent.

Ora, ancora, GNU indent ha la stessa configurazione decerebrata di GNU emacs, ed è per questo che dovete passargli alcune opzioni da riga di comando. Tuttavia, non è così terribile, perché perfino i creatori di GNU indent riconoscono l’autorità di K&R (le persone del progetto GNU non sono cattive, sono solo mal indirizzate sull’argomento), quindi date ad indent le opzioni -kr -i8 (che significa K&R, 8 caratteri di indentazione), o utilizzate scripts/Lindent che indenterà usando l’ultimo stile.

indent ha un sacco di opzioni, e specialmente quando si tratta di riformattare i commenti dovreste dare un’occhiata alle pagine man. Ma ricordatevi: indent non è un correttore per una cattiva programmazione.

Da notare che potete utilizzare anche clang-format per aiutarvi con queste regole, per riformattare rapidamente ad automaticamente alcune parti del vostro codice, e per revisionare interi file al fine di identificare errori di stile, refusi e possibilmente anche delle migliorie. È anche utile per ordinare gli #include, per allineare variabili/macro, per ridistribuire il testo e altre cose simili. Per maggiori dettagli, consultate il file Documentation/translations/it_IT/dev-tools/clang-format.rst.

Se utilizzate un programma compatibile con EditorConfig, allora alcune configurazioni basilari come l’indentazione e la fine delle righe verranno applicate automaticamente. Per maggiori informazioni consultate la pagina: https://editorconfig.org/

10) File di configurazione Kconfig

Per tutti i file di configurazione Kconfig* che si possono trovare nei sorgenti, l’indentazione è un po’ differente. Le linee dopo un config sono indentate con un tab, mentre il testo descrittivo è indentato di ulteriori due spazi. Esempio:

config AUDIT
      bool "Auditing support"
      depends on NET
      help
        Enable auditing infrastructure that can be used with another
        kernel subsystem, such as SELinux (which requires this for
        logging of avc messages output).  Does not do system-call
        auditing without CONFIG_AUDITSYSCALL.

Le funzionalità davvero pericolose (per esempio il supporto alla scrittura per certi filesystem) dovrebbero essere dichiarate chiaramente come tali nella stringa di titolo:

config ADFS_FS_RW
      bool "ADFS write support (DANGEROUS)"
      depends on ADFS_FS
      ...

Per la documentazione completa sui file di configurazione, consultate il documento Kconfig Language

11) Strutture dati

Le strutture dati che hanno una visibilità superiore al contesto del singolo thread in cui vengono create e distrutte, dovrebbero sempre avere un contatore di riferimenti. Nel kernel non esiste un garbage collector (e fuori dal kernel i garbage collector sono lenti e inefficienti), questo significa che dovete assolutamente avere un contatore di riferimenti per ogni cosa che usate.

Avere un contatore di riferimenti significa che potete evitare la sincronizzazione e permette a più utenti di accedere alla struttura dati in parallelo - e non doversi preoccupare di una struttura dati che improvvisamente sparisce dalla loro vista perché il loro processo dormiva o stava facendo altro per un attimo.

Da notare che la sincronizzazione non si sostituisce al conteggio dei riferimenti. La sincronizzazione ha lo scopo di mantenere le strutture dati coerenti, mentre il conteggio dei riferimenti è una tecnica di gestione della memoria. Solitamente servono entrambe le cose, e non vanno confuse fra di loro.

Quando si hanno diverse classi di utenti, le strutture dati possono avere due livelli di contatori di riferimenti. Il contatore di classe conta il numero dei suoi utenti, e il contatore globale viene decrementato una sola volta quando il contatore di classe va a zero.

Un esempio di questo tipo di conteggio dei riferimenti multi-livello può essere trovato nella gestore della memoria (struct mm_sturct: mm_user e mm_count), e nel codice dei filesystem (struct super_block: s_count e s_active).

Ricordatevi: se un altro thread può trovare la vostra struttura dati, e non avete un contatore di riferimenti per essa, quasi certamente avete un baco.

12) Macro, enumerati e RTL

I nomi delle macro che definiscono delle costanti e le etichette degli enumerati sono scritte in maiuscolo.

#define CONSTANT 0x12345

Gli enumerati sono da preferire quando si definiscono molte costanti correlate.

I nomi delle macro in MAIUSCOLO sono preferibili ma le macro che assomigliano a delle funzioni possono essere scritte in minuscolo.

Generalmente, le funzioni inline sono preferibili rispetto alle macro che sembrano funzioni.

Le macro che contengono più istruzioni dovrebbero essere sempre chiuse in un blocco do - while:

#define macrofun(a, b, c)                       \
        do {                                    \
                if (a == 5)                     \
                        do_this(b, c);          \
        } while (0)

Le macro che sembrano funzioni con parametri non usati dovrebbero essere sostituite da funzioni inline per evitare il problema.

static inline void fun(struct foo *foo)
{
}

Per motivi storici, molti file usano ancora l’approccio “cast a (void)” per valutare i parametri. Tuttavia, non è raccomandato. Le funzioni inline risolvono i problemi di “espressioni con effetti avversi valutate più di una volta”, variabili non utilizzate, e in genere per qualche motivo sono documentate meglio.

/*
 * Avoid doing this whenever possible and instead opt for static
 * inline functions
 */
#define macrofun(foo) do { (void) (foo); } while (0)

Cose da evitare quando si usano le macro:

  1. le macro che hanno effetti sul flusso del codice:

#define FOO(x)                                  \
        do {                                    \
                if (blah(x) < 0)                \
                        return -EBUGGERED;      \
        } while (0)

sono proprio una pessima idea. Sembra una chiamata a funzione ma termina la funzione chiamante; non cercate di rompere il decodificatore interno di chi legge il codice.

  1. le macro che dipendono dall’uso di una variabile locale con un nome magico:

#define FOO(val) bar(index, val)

potrebbe sembrare una bella cosa, ma è dannatamente confusionario quando uno legge il codice e potrebbe romperlo con una cambiamento che sembra innocente.

3) le macro con argomenti che sono utilizzati come l-values; questo potrebbe ritorcervisi contro se qualcuno, per esempio, trasforma FOO in una funzione inline.

4) dimenticatevi delle precedenze: le macro che definiscono espressioni devono essere racchiuse fra parentesi. State attenti a problemi simili con le macro parametrizzate.

#define CONSTANT 0x4000
#define CONSTEXP (CONSTANT | 3)

5) collisione nello spazio dei nomi quando si definisce una variabile locale in una macro che sembra una funzione:

#define FOO(x)                          \
({                                      \
        typeof(x) ret;                  \
        ret = calc_ret(x);              \
        (ret);                          \
})

ret è un nome comune per una variabile locale - __foo_ret difficilmente andrà in conflitto con una variabile già esistente.

Il manuale di cpp si occupa esaustivamente delle macro. Il manuale di sviluppo di gcc copre anche l’RTL che viene usato frequentemente nel kernel per il linguaggio assembler.

13) Visualizzare i messaggi del kernel

Agli sviluppatori del kernel piace essere visti come dotti. Tenete un occhio di riguardo per l’ortografia e farete una belle figura. In inglese, evitate l’uso incorretto di abbreviazioni come dont: usate do not oppure don't. Scrivete messaggi concisi, chiari, e inequivocabili.

I messaggi del kernel non devono terminare con un punto fermo.

Scrivere i numeri fra parentesi (%d) non migliora alcunché e per questo dovrebbero essere evitati.

Ci sono alcune macro per la diagnostica in <linux/dev_printk.h> che dovreste usare per assicurarvi che i messaggi vengano associati correttamente ai dispositivi e ai driver, e che siano etichettati correttamente: dev_err(), dev_warn(), dev_info(), e così via. Per messaggi che non sono associati ad alcun dispositivo, <linux/printk.h> definisce pr_info(), pr_warn(), pr_err(), eccetera. Quando tutto funziona correttamente, non dovrebbero esserci stampe, per cui preferite dev_dbg/pr_debug a meno che non sia qualcosa di sbagliato da segnalare.

Tirar fuori un buon messaggio di debug può essere una vera sfida; e quando l’avete può essere d’enorme aiuto per risolvere problemi da remoto. Tuttavia, i messaggi di debug sono gestiti differentemente rispetto agli altri. Le funzioni pr_XXX() stampano incondizionatamente ma pr_debug() no; essa non viene compilata nella configurazione predefinita, a meno che DEBUG o CONFIG_DYNAMIC_DEBUG non vengono impostati. Questo vale anche per dev_dbg() e in aggiunta VERBOSE_DEBUG per aggiungere i messaggi dev_vdbg().

Molti sottosistemi hanno delle opzioni di debug in Kconfig che aggiungono -DDEBUG nei corrispettivi Makefile, e in altri casi aggiungono #define DEBUG in specifici file. Infine, quando un messaggio di debug dev’essere stampato incondizionatamente, per esempio perché siete già in una sezione di debug racchiusa in #ifdef, potete usare printk(KERN_DEBUG ...).

14) Assegnare memoria

Il kernel fornisce i seguenti assegnatori ad uso generico: kmalloc(), kzalloc(), kmalloc_array(), kcalloc(), vmalloc(), e vzalloc(). Per maggiori informazioni, consultate la documentazione dell’API: Documentation/translations/it_IT/core-api/memory-allocation.rst

Il modo preferito per passare la dimensione di una struttura è il seguente:

p = kmalloc(sizeof(*p), ...);

La forma alternativa, dove il nome della struttura viene scritto interamente, peggiora la leggibilità e introduce possibili bachi quando il tipo di puntatore cambia tipo ma il corrispondente sizeof non viene aggiornato.

Il valore di ritorno è un puntatore void, effettuare un cast su di esso è ridondante. La conversione fra un puntatore void e un qualsiasi altro tipo di puntatore è garantito dal linguaggio di programmazione C.

Il modo preferito per assegnare un vettore è il seguente:

p = kmalloc_array(n, sizeof(...), ...);

Il modo preferito per assegnare un vettore a zero è il seguente:

p = kcalloc(n, sizeof(...), ...);

Entrambe verificano la condizione di overflow per la dimensione d’assegnamento n * sizeof(...), se accade ritorneranno NULL.

Questi allocatori generici producono uno stack dump in caso di fallimento a meno che non venga esplicitamente specificato __GFP_NOWARN. Quindi, nella maggior parte dei casi, è inutile stampare messaggi aggiuntivi quando uno di questi allocatori ritornano un puntatore NULL.

15) Il morbo inline

Sembra che ci sia la percezione errata che gcc abbia una qualche magica opzione “rendimi più veloce” chiamata inline. In alcuni casi l’uso di inline è appropriato (per esempio in sostituzione delle macro, vedi capitolo 12), ma molto spesso non lo è. L’uso abbondante della parola chiave inline porta ad avere un kernel più grande, che si traduce in un sistema nel suo complesso più lento per via di una cache per le istruzioni della CPU più grande e poi semplicemente perché ci sarà meno spazio disponibile per una pagina di cache. Pensateci un attimo; una fallimento nella cache causa una ricerca su disco che può tranquillamente richiedere 5 millisecondi. Ci sono TANTI cicli di CPU che potrebbero essere usati in questi 5 millisecondi.

Spesso le persone dicono che aggiungere inline a delle funzioni dichiarate static e utilizzare una sola volta è sempre una scelta vincente perché non ci sono altri compromessi. Questo è tecnicamente vero ma gcc è in grado di trasformare automaticamente queste funzioni in inline; i problemi di manutenzione del codice per rimuovere gli inline quando compare un secondo utente surclassano il potenziale vantaggio nel suggerire a gcc di fare una cosa che avrebbe fatto comunque.

16) Nomi e valori di ritorno delle funzioni

Le funzioni possono ritornare diversi tipi di valori, e uno dei più comuni è quel valore che indica se una funzione ha completato con successo o meno. Questo valore può essere rappresentato come un codice di errore intero (-Exxx = fallimento, 0 = successo) oppure un booleano di successo (0 = fallimento, non-zero = successo).

Mischiare questi due tipi di rappresentazioni è un terreno fertile per i bachi più insidiosi. Se il linguaggio C includesse una forte distinzione fra gli interi e i booleani, allora il compilatore potrebbe trovare questi errori per conto nostro ... ma questo non c’è. Per evitare di imbattersi in questo tipo di baco, seguite sempre la seguente convenzione:

Se il nome di una funzione è un'azione o un comando imperativo,
essa dovrebbe ritornare un codice di errore intero.  Se il nome
è un predicato, la funzione dovrebbe ritornare un booleano di
"successo"

Per esempio, add work è un comando, e la funzione add_work() ritorna 0 in caso di successo o -EBUSY in caso di fallimento. Allo stesso modo, PCI device present è un predicato, e la funzione pci_dev_present() ritorna 1 se trova il dispositivo corrispondente con successo, altrimenti 0.

Tutte le funzioni esportate (EXPORT) devono rispettare questa convenzione, e così dovrebbero anche tutte le funzioni pubbliche. Le funzioni private (static) possono non seguire questa convenzione, ma è comunque raccomandato che lo facciano.

Le funzioni il cui valore di ritorno è il risultato di una computazione, piuttosto che l’indicazione sul successo di tale computazione, non sono soggette a questa regola. Solitamente si indicano gli errori ritornando un qualche valore fuori dai limiti. Un tipico esempio è quello delle funzioni che ritornano un puntatore; queste utilizzano NULL o ERR_PTR come meccanismo di notifica degli errori.

17) L’uso di bool

Nel kernel Linux il tipo bool deriva dal tipo _Bool dello standard C99. Un valore bool può assumere solo i valori 0 o 1, e implicitamente o esplicitamente la conversione a bool converte i valori in vero (true) o falso (false). Quando si usa un tipo bool il costrutto !! non sarà più necessario, e questo va ad eliminare una certa serie di bachi.

Quando si usano i valori booleani, dovreste utilizzare le definizioni di true e false al posto dei valori 1 e 0.

Per il valore di ritorno delle funzioni e per le variabili sullo stack, l’uso del tipo bool è sempre appropriato. L’uso di bool viene incoraggiato per migliorare la leggibilità e spesso è molto meglio di ‘int’ nella gestione di valori booleani.

Non usate bool se per voi sono importanti l’ordine delle righe di cache o la loro dimensione; la dimensione e l’allineamento cambia a seconda dell’architettura per la quale è stato compilato. Le strutture che sono state ottimizzate per l’allineamento o la dimensione non dovrebbero usare bool.

Se una struttura ha molti valori true/false, considerate l’idea di raggrupparli in un intero usando campi da 1 bit, oppure usate un tipo dalla larghezza fissa, come u8.

Come per gli argomenti delle funzioni, molti valori true/false possono essere raggruppati in un singolo argomento a bit denominato ‘flags’; spesso ‘flags’ è un’alternativa molto più leggibile se si hanno valori costanti per true/false.

Detto ciò, un uso parsimonioso di bool nelle strutture dati e negli argomenti può migliorare la leggibilità.

18) Non reinventate le macro del kernel

Il file di intestazione include/linux/kernel.h contiene un certo numero di macro che dovreste usare piuttosto che implementarne una qualche variante. Per esempio, se dovete calcolare la lunghezza di un vettore, sfruttate la macro:

#define ARRAY_SIZE(x) (sizeof(x) / sizeof((x)[0]))

Analogamente, se dovete calcolare la dimensione di un qualche campo di una struttura, usate

#define sizeof_field(t, f) (sizeof(((t*)0)->f))

Ci sono anche le macro min() e max() che, se vi serve, effettuano un controllo rigido sui tipi. Sentitevi liberi di leggere attentamente questo file d’intestazione per scoprire cos’altro è stato definito che non dovreste reinventare nel vostro codice.

19) Linee di configurazione degli editor e altre schifezze

Alcuni editor possono interpretare dei parametri di configurazione integrati nei file sorgenti e indicati con dai marcatori speciali. Per esempio, emacs interpreta le linee marcate nel seguente modo:

-*- mode: c -*-

O come queste:

/*
Local Variables:
compile-command: "gcc -DMAGIC_DEBUG_FLAG foo.c"
End:
*/

Vim interpreta i marcatori come questi:

/* vim:set sw=8 noet */

Non includete nessuna di queste cose nei file sorgenti. Le persone hanno le proprie configurazioni personali per l’editor, e i vostri sorgenti non dovrebbero sovrascrivergliele. Questo vale anche per i marcatori d’indentazione e di modalità d’uso. Le persone potrebbero aver configurato una modalità su misura, oppure potrebbero avere qualche altra magia per far funzionare bene l’indentazione.

20) Inline assembly

Nel codice specifico per un’architettura, potreste aver bisogno di codice inline assembly per interfacciarvi col processore o con una funzionalità specifica della piattaforma. Non esitate a farlo quando è necessario. Comunque, non usatele gratuitamente quando il C può fare la stessa cosa. Potete e dovreste punzecchiare l’hardware in C quando è possibile.

Considerate la scrittura di una semplice funzione che racchiude pezzi comuni di codice assembler piuttosto che continuare a riscrivere delle piccole varianti. Ricordatevi che l’ inline assembly può utilizzare i parametri C.

Il codice assembler più corposo e non banale dovrebbe andare nei file .S, coi rispettivi prototipi C definiti nei file d’intestazione. I prototipi C per le funzioni assembler dovrebbero usare asmlinkage.

Potreste aver bisogno di marcare il vostro codice asm come volatile al fine d’evitare che GCC lo rimuova quando pensa che non ci siano effetti collaterali. Non c’è sempre bisogno di farlo, e farlo quando non serve limita le ottimizzazioni.

Quando scrivete una singola espressione inline assembly contenente più istruzioni, mettete ognuna di queste istruzioni in una stringa e riga diversa; ad eccezione dell’ultima stringa/istruzione, ognuna deve terminare con \n\t al fine di allineare correttamente l’assembler che verrà generato:

asm ("magic %reg1, #42\n\t"
     "more_magic %reg2, %reg3"
     : /* outputs */ : /* inputs */ : /* clobbers */);

21) Compilazione sotto condizione

Ovunque sia possibile, non usate le direttive condizionali del preprocessore (#if, #ifdef) nei file .c; farlo rende il codice difficile da leggere e da seguire. Invece, usate queste direttive nei file d’intestazione per definire le funzioni usate nei file .c, fornendo i relativi stub nel caso #else, e quindi chiamate queste funzioni senza condizioni di preprocessore. Il compilatore non produrrà alcun codice per le funzioni stub, produrrà gli stessi risultati, e la logica rimarrà semplice da seguire.

È preferibile non compilare intere funzioni piuttosto che porzioni d’esse o porzioni d’espressioni. Piuttosto che mettere una ifdef in un’espressione, fattorizzate parte dell’espressione, o interamente, in funzioni e applicate la direttiva condizionale su di esse.

Se avete una variabile o funzione che potrebbe non essere usata in alcune configurazioni, e quindi il compilatore potrebbe avvisarvi circa la definizione inutilizzata, marcate questa definizione come __maybe_unused piuttosto che racchiuderla in una direttiva condizionale del preprocessore. (Comunque, se una variabile o funzione è sempre inutilizzata, rimuovetela).

Nel codice, dov’è possibile, usate la macro IS_ENABLED per convertire i simboli Kconfig in espressioni booleane C, e quindi usatela nelle classiche condizioni C:

if (IS_ENABLED(CONFIG_SOMETHING)) {
        ...
}

Il compilatore valuterà la condizione come costante (constant-fold), e quindi includerà o escluderà il blocco di codice come se fosse in un #ifdef, quindi non ne aumenterà il tempo di esecuzione. Tuttavia, questo permette al compilatore C di vedere il codice nel blocco condizionale e verificarne la correttezza (sintassi, tipi, riferimenti ai simboli, eccetera). Quindi dovete comunque utilizzare #ifdef se il codice nel blocco condizionale esiste solo quando la condizione è soddisfatta.

Alla fine di un blocco corposo di #if o #ifdef (più di alcune linee), mettete un commento sulla stessa riga di #endif, annotando la condizione che termina. Per esempio:

#ifdef CONFIG_SOMETHING
...
#endif /* CONFIG_SOMETHING */

Appendice I) riferimenti

The C Programming Language, Second Edition by Brian W. Kernighan and Dennis M. Ritchie. Prentice Hall, Inc., 1988. ISBN 0-13-110362-8 (paperback), 0-13-110370-9 (hardback).

The Practice of Programming by Brian W. Kernighan and Rob Pike. Addison-Wesley, Inc., 1999. ISBN 0-201-61586-X.

Manuali GNU - nei casi in cui sono compatibili con K&R e questo documento - per indent, cpp, gcc e i suoi dettagli interni, tutto disponibile qui https://www.gnu.org/manual/

WG14 è il gruppo internazionale di standardizzazione per il linguaggio C, URL: https://www.open-std.org/JTC1/SC22/WG14/

Kernel CodingStyle, by greg@kroah.com at OLS 2002: http://www.kroah.com/linux/talks/ols_2002_kernel_codingstyle_talk/html/